La Partecipazione conviene.
Intervista a Paolo Scattoni, Professore fuori ruolo di Urbanistica presso l'Università la "Sapienza". È stato membro dell’Autorità per la Partecipazione della Regione Toscana. Ha svolto attività di ricerca nel campo dei processi di decisione nella pianificazione urbana, con speciale attenzione alla relazione fra negoziato politico e pianificazione.
A livello politico la Partecipazione è vissuta più come un’opportunità, un obbligo burocratico o una questione di propaganda?
Ci sono diversi livelli di partecipazione nei processi decisionali: su questo ci sono ricerche consolidate. Lo schema qui sotto si ispira ad esempio ad un articolo del 1969 (Sherry R. Arnstein, A Ladder Of Citizen Participation, Journal of the American Institute of Planners).
Il livello più basso e strumentale della partecipazione è quello della propaganda. C’è poi il livello dell’informazione top-down, per arrivare a quello più alto in cui i cittadini sono chiamati ad un coinvolgimento attivo nella decisione.
A mio avviso la partecipazione come pura ricerca di consenso su decisioni praticamente già prese, certamente attuata in alcuni contesti, è più dannosa che altro e rappresenta una mistificazione del concetto di “partecipazione”.
Quali sono le esperienze che hai vissuto in cui la partecipazione è stata approcciata come un’opportunità?
La mia esperienza è circoscritta alla pianificazione urbanistica. Per esempio nel Piano Strutturale di Grosseto (2000-2006) ho potuto sperimentare l’efficacia di un metodo partecipativo che avevo messo a punto in tanti anni di ricerca accademica. Tale metodo si basa sull’approccio della “Scelta Strategica” sviluppato negli anni ‘60 dall'Istituto di Ricerca operativa applicata della Pubblica Amministrazione a Londra (descritto nel libro “Local Government & Strategic Choice”).
In estrema sintesi, come funziona questo approccio?
L’approccio della Scelta Strategica punta dapprima a definire delle “aree di decisione”. Ogni area di decisione prevede più alternative per la soluzione del problema; gli attori che possono contribuire a risolvere il problema definito e l’eventuale interconnessione con altre aree di decisione. L’approccio prevede il confronto e negoziato fra i diversi portatori di interesse (stakeholders).
Quello che emerge è un processo continuo di decisione e pianificazione. Infatti definite le aree di decisione, è necessario individuarne le interconnessioni: ad esempio è indispensabile accertare che un’opzione risolutiva non vada a generare o ad aggravare altri problemi; mentre è desiderabile che contribuisca a risolverne più di uno. Non c’è interferenza con la dimensione politica che rimane dominus del processo. Aiuta invece a renderlo più trasparente. Ad esempio il processo di formazione di un piano strutturale non può limitarsi all’identificazione di soluzioni, deve anche identificare quei soggetti che possono contribuire in qualche modo alla loro attuazione, con i quali è necessario il confronto nella definizione e decisione delle opzioni risolutive.
Infine l’approccio della Scelta Strategica tiene conto degli “elementi di incertezza”. L’incertezza può derivare dalla non conoscenza di variabili sociali, economiche, ambientali e della loro evoluzione, così come dal cambiamento dell’indirizzo politico dell’Amministrazione Locale, che potrebbe rimettere in discussione le decisioni già prese. L’analisi degli elementi di Incertezza consente di attenuarne gli effetti sulle decisioni.
Un tempestivo coinvolgimento dei cittadini su decisioni importanti, aumenta tempi e costi di un progetto o li riduce? Hai qualche esempio?
Nel già citato Piano Strutturale di Grosseto i tempi sono stati ampiamente ridotti ed anche i costi. L’amministrazione comunale di Grosseto aveva un orientamento politico di Destra mentre Provincia e Regione erano amministrati dalla Sinistra; questo creava un isolamento dell’amministrazione comunale, isolamento che avrebbe potuto creare ritardi nell’adozione del Piano Strutturale (a cui partecipano anche i diversi enti del territorio). Il processo partecipato non solo disinnescò possibili conflitti, ma permise anche di completare il percorso di redazione del Piano in soli 4 anni, contro i 5-7 anni solitamente necessari.
Come è possibile che con metodo partecipato i tempi si accorcino?
Per redigere un Piano Strutturale con un metodo non partecipato il Sindaco e la sua giunta/collaboratori politici consultano uno per uno i diversi portatori di interesse riferendo le conclusioni ai progettisti che si occupano di redigere il piano. Questo processo, oltre a non essere trasparente, rischia di dar vita a lunghe trattative e necessità di ripetuti incontri con ciascuno stakeholder.
Nel processo partecipato attuato a Grosseto, invece, sono state dapprima individuate insieme agli amministratori le aree di decisione relative alle principali problematiche da affrontare con il Piano Strutturale. Questo quadro è stato quindi ampliato e arricchito di possibili soluzioni mediante l’attivazione di uno “Sportello di Piano”, che ha consentito con pochi incontri pubblici, nel giro di 3-5 mesi, di raccogliere le proposte dei cittadini.
Ad esempio alcuni artigiani avevano i loro laboratori in un’area che negli anni era rimasta inglobata dalla città, risultando difficilmente raggiungibile dai camion; suggerivano pertanto che la destinazione d’uso dell’area venisse cambiata da artigianale in residenziale, così da vendere i laboratori e trasferirsi in una zona industriale.
Successivamente sono stati integrati nello sportello del Piano anche degli incontri dell’Agenda 21 locale (uno strumento per l’attuazione di politiche per la sostenibilità) che hanno permesso di arricchire ulteriormente il quadro conoscitivo.
Che cos’è l’Autorità Regionale per la Garanzia e la Promozione della regione Toscana, di cui sei stato Membro?
L’Autorità è stata istituita per la prima volta dalla Legge Regionale 69 del 2007. La legge prevedeva un’attuazione a scadenza dopo 5 anni. Una sorta di prova. Prevedeva un’autorità monocratica e fu chiamato a dirigerla il professor Lewansky, politologo dell’università di Bologna. Quell’esperienza mostrò nel tempo contrasti anche forti fra Autorità e Giunta regionale. In un consiglio ad un anno dalla scadenza si era incerti se rinnovarla o meno. Alla fine si decise di rinnovarla e fu emanata la legge regionale per la Partecipazione attualmente in vigore, la L.R. 46 del 2013. È stata una legge pensata in fretta e la principale variazione rispetto alla precedente fu la sostituzione della gestione monocratica con una composta da tre membri. Senza dichiararlo, di fatto si pensava a una terna in cui ci sarebbe stato un componente indicato dalla Giunta, un secondo dalle forze di maggioranza in consiglio e il terzo dalle forze di opposizione. Dopo diverse vicissitudini emerse, tra le altre, la mia nomina, di cui resi pubblici i dettagli su chiusiblog.it (un blog di citizen journalism della mia città).
Concretamente ed in estrema sintesi, quali compiti svolge l’autorità?
I due compiti principali che abbiamo svolto sono stati:
- la selezione di progetti per la partecipazione a cui accordare un sostegno economico;
- la valutazione di opere pubbliche in casi di particolare rilevanza.
Nel corso del mio mandato solo due casi hanno richiesto l'espletamento di tale valutazione: quello del porto di Livorno e quello relativo allo smaltimento di gesso nelle cave del comune di Gavorrano (GR). In entrambi i casi l’Autorità per la Partecipazione ha avviato un processo di partecipazione ed un Dibattito Pubblico (uno strumento partecipativo istituito dalla legge regionale sulla partecipazione).
Riguardo ai progetti finanziati, questi hanno riguardato processi partecipativi proposti da enti pubblici, ma anche da scuole, cittadini, associazioni. Abbiamo finanziato anche progetti di Citizen Science: a Chiusi, ad esempio, è stato finanziato il “Laboratorio Ambiente” promosso dall'Istituto scolastico “Valdichiana” e poi un progetto dell’Associazione “InnovazioneLocale” per l’installazione di centraline a basse costo per il monitoraggio degli inquinanti.
La Regione Toscana almeno sul piano legislativo risulta abbastanza avanzata dal punto di vista della Partecipazione. Può essere un esempio per altre regioni?
L'esperienza Toscana ha fatto da apripista per esperienze analoghe in altre regioni. Tuttavia a mio avviso la legge Toscana non ha funzionato e non può funzionare senza una reale volontà politica.
Una vicenda emblematica in tal senso è quella della nuova pista per l'Aeroporto fiorentino di Peretola, vicenda che va avanti ormai da molti anni per la contrapposizione tra Comune di Firenze e Regione Toscana, favorevoli al progetto, e Comuni e Comitati dell’area interessata, contrari all’ampliamento all’interno del “Parco della Piana”. Dapprima la Società che gestisce l'Aeroporto aveva promosso un processo di partecipazione “fittizio”. Successivamente, a decisioni già prese, è stato promosso un Dibattito Pubblico, a mio avviso ben condotto, ma azzoppato dalla non partecipazione dei committenti dell’opera (la legge Regionale non impone questo obbligo). A decidere il da farsi è stato infine il TAR, che per ora ha bocciato il progetto. I proponenti però non si sono ancora arresi.
L’intervento dell’Autorità per la Partecipazione nell’ambito di questo progetto ha disturbato i politici e, forse è stato la causa dei ritardi del suo rinnovo: il mio incarico cessò nel Marzo 2019 e i tre nuovi membri si sono insediati solo nel Maggio 2020.
Quali sono i più importanti strumenti per la Partecipazione messi a disposizione dei cittadini a livello nazionale?
Molte leggi ormai prevedono l’obbligo della partecipazione dei cittadini alle scelte della pubblica amministrazione.Un esempio sono le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) che però vengono nella quasi totalità dei casi aggirate o comunque rese inefficaci.
Bisognerebbe partire dalla constatazione che non c’è partecipazione senza trasparenza. Anche qui ci sono leggi che la dovrebbero garantire (vedi l’applicazione del cosiddetto Freedom of Information Act). Nonostante questo c’è una quasi naturale resistenza a non consentire l’accesso agli atti.
All’Università La Sapienza avete sviluppato alcuni software opensource dedicati ai processi di partecipazione. Ce ne puoi parlare?
I due software sono stati messi a punto alcuni anni fa per merito soprattutto dell’informatico Giampaolo Tomassoni e, per quanto riguarda alcune correzioni successive, del dott. Marco Lombardi. Sono ispirati alla filosofia del già citato processo decisionale di “Scelta Strategica”.
Il software STAN può essere liberamente scaricato da Sourceforge. Deriva da un software denominato DOT - Decision Optimising Technique - che, più che ottimizzare, aiuta a “organizzare” in forma leggibile le migliaia di soluzioni che emergono da un insieme di decisioni interconnesse per le quali i vari portatori di interesse hanno valutazioni diverse. Non c’è sintesi automatica per la ricerca delle soluzioni migliori, ma facilita l’analisi delle soluzioni preferite da ciascun attore e il successivo “negoziato”. Il software è stato utilizzato con successo a livello didattico con l’utilizzo della tecnica del roleplay. Secondo me funziona alla grande.
Il software PAULUS è stato invece abbandonato per via dei costi di manutenzione troppo alti. L’idea che ne era alla base è stata tuttavia adattata ad un ambiente wiki. Un’installazione pensata per i cittadini del mio comune è in sperimentazione su chiusiaperta.it e sta consentendo un’analisi partecipata dei problemi della città e delle possibili soluzioni. Il tutto a costo zero. Non è elegante come il software di Giampaolo Tomassoni, ma ne rispetta tutte le funzionalità. Inoltre è estremamente semplice da usare: la semplicità di utilizzo è un elemento imprescindibile per un software aperto alla partecipazione dei cittadini.