La Democrazia Diretta vista dalla Svizzera.
Intervista all’Ing. Leonello Zaquini, autore del libro “La Democrazia Diretta vista da vicino” in cui descrive il sistema democratico svizzero anche alla luce della sua esperienza di Consigliere comunale di Le Locle (cantone di Neuchâtel). Dopo avere a lungo lavorato in Italia nel settore dell’automazione si è trasferito in Svizzera, dove è Professore Onorario dell’Università di Scienze Applicate della Svizzera Occidentale. Ha contribuito alla redazione della legge costituzionale di iniziativa popolare “Quorum zero per più democrazia” ed è un attivista dell’Associazione “Più democrazia Italia”.
Quando sei arrivato in Svizzera, cosa ti ha stupito di più del modello democratico elvetico?
Sono arrivato in Svizzera nel 1997. Confesso che durante i primi anni non mi interessavo di politica, e non avrei mai immaginato di diventare consigliere comunale nella cittadina dove risiedo. Il coinvolgimento politico degli svizzeri, sempre intenti a raccogliere firme o a votare per qualche referendum, mi pareva persino esagerato. Ci ho messo del tempo a capire l'importanza di questo impegno costante.
Ricordo che una volta, in consiglio comunale, un collega ha concluso il suo intervento dicendo: «Cari colleghi consiglieri, facciamo attenzione: il tema che stiamo discutendo sta molto a cuore ai cittadini. O prendiamo noi stasera la buona decisione o c'è il rischio che i cittadini prendano l'iniziativa.» (“prendere l’iniziativa” qui è sinonimo di raccogliere le firme per indire un referendum). Allora ho avuto la conferma che il non disporre del potere decisionale in modo monopolistico induce a fare attenzione ed è benefico per la qualità delle decisioni. La "democrazia diretta moderna" (quella che affianca e non sostituisce la democrazia rappresentativa) ha un effetto estremamente positivo sui rappresentanti, e poi anche sui cittadini.
La Democrazia Diretta potrebbe essere impiegata per ogni tipologia di scelta o dovrebbe essere solo uno strumento a servizio della democrazia rappresentativa?
Ritengo che gli strumenti della democrazia diretta siano applicabili per qualsiasi decisione che abbia ricadute sulla collettività. Prima di tutto dovrebbero essere utilizzati per le leggi che concernono soprattutto i legislatori. Per esempio: il fatto che chi è stato eletto possa fare leggi elettorali è una evidente condizione ed una situazione di flagrante di auto-referenzialità. Quel tipo di leggi, come le modifiche costituzionali, dovrebbero passare attraverso il “Referendum obbligatorio" ovvero attraverso il voto popolare, senza necessità di richiederlo tramite raccolta di firme.
Più in generale i cittadini dovrebbero potersi esprimere se e quando lo ritengono opportuno su tutti i temi, eventualmente con diverse procedure e secondo i casi. Il potere legislativo esercitato in forma monopolistica dovrebbe essere comunque eliminato.
Resta il fatto che tra delibere comunali, leggi regionali e nazionali, ed anche decisioni sovranazionali ogni cittadino europeo oggi ha bisogno di diverse centinaia di decisioni legislative all’anno. Più di una al giorno. Oltre a queste ci sono le decisioni prese dagli “esecutivi”, ai diversi livelli. Non è immaginabile che questa enorme massa di lavoro possa essere fatta senza un sistema di rappresentanti. La democrazia rappresentativa, oltre ad essere una conquista democratica ed il risultato della evoluzione della società, è ineliminabile.
L’importante è che i rappresentanti siano e restino rappresentanti dei cittadini e non degenerino nel ruolo di funzionari del partito, come invece accade ineluttabilmente ed in forma deterministica (come ha spiegato molte bene il sociologo Ostrogorski) se alla democrazia rappresentativa mancano certi correttivi. Tra di questi uno dei più importanti è proprio la “Democrazia diretta moderna” (così viene detta a livello internazionale e nella letteratura specialistica per distinguerla dalla democrazia diretta medioevale). La democrazia diretta moderna affianca, non sostituisce, la democrazia rappresentativa… e la risana.
«La democrazia diretta non si oppone, ma completa la democrazia rappresentativa»: questa l’opinione di Andreas Auer, Professore di Diritto Costituzionale all’Università di Zurigo e direttore del Centro di studi e di documentazione sulla democrazia diretta (C2D), opinione che condivido completamente.
Una decina di anni fa si parlava molto in Italia di Democrazia Diretta, e forse anche il tuo libro aveva contribuito in tal senso. Molti vedevano nella “casta” dei politici la principale minaccia e ritenevano che la Democrazia Diretta potesse risolvere il problema. Oggi invece l’attenzione si è spostata sulla mancanza di competenze degli elettori e sulla loro impulsività. Cosa ne pensi?
Le iniziative per il rafforzamento della democrazia diretta in Italia sono molto numerose ed i tentativi in quella direzione si susseguono da diversi anni, sebbene per il momento senza successo.
Avevamo anche un Ministro per la democrazia diretta, che aveva cercato di introdurre la “legge di iniziativa popolare a voto popolare” (detta, in modo succinto, referendum propositivo). Si tratta di uno strumento di democrazia diretta molto avanzato, tanto che non esiste persino in Svizzera a livello federale: i cittadini svizzeri possono proporre e votare modifiche costituzionali, ma la legge attuativa la fa poi il Parlamento.
Comunque, nel febbraio 2019, in Italia questo nuovo strumento era stato approvato con il voto della Camera in prima lettura. Era quindi al 25% del percorso legislativo nel Parlamento. Dopo la crisi di governo dell’agosto successivo il tema risulta come cancellato dal programma legislativo. I dettagli di questa vicenda non sono chiari, ma si sa che ai partiti politici la democrazia diretta non piace. Alle lobby che li sostengono e che consentono loro di essere eletti, piace ancora di meno. E questo accade in ogni paese della terra.
È naturale che chi è contrario faccia leva sulla potenziale debolezza decisionale o mancanza di competenza dei cittadini la quale, pur essendo un problema effettivo, deve e può essere affrontata e risolta con strumenti specifici. Tra questi, fondamentale è il Libretto delle Votazioni, strumento di informazione pubblico, gratuito, ed imparziale. In Italia purtroppo ancora non esiste.
So però che con l’Associazione “Più democrazia Italia” ne avete preparato uno… Ne parleremo presto in un altro articolo.
Passiamo alla prossima domanda: in Svizzera non c’è Quorum nei referendum e si vota diverse volte all’anno... C’è il rischio che una piccola quantità di elettori, magari pilotati da qualche politico carismatico, possa imporre le sue decisioni?
Occorre premettere che la democrazia diretta moderna non esiste solo in Svizzera, dove è nata, ma ormai si è diffusa ed è presente in decine di paesi: dalla California a Taiwan. Invece il quorum, soprattutto nella forma che conosciamo nel nostro paese, nel panorama mondiale di fatto non esiste: è piuttosto una rara originalità italiana. In Italia solo i referendum costituzionali non prevedono nessun quorum.
Il pericolo della “piccola quantità di elettori” nel resto del mondo non fa paura, dato che si presume (e si constata), che se i cittadini sono informati del fatto che si terranno delle votazioni, decideranno se votare o meno in base ai contenuti del voto.
Tanto più che votare sui contenuti, come accade in occasione di referendum o iniziative, coinvolge l’elettore su temi specifici che possono interessarlo personalmente. Votare sulle cose e sui problemi concreti è molto più coinvolgente che non eleggere rappresentanti ed è anche più semplice: sai cosa stai decidendo e ci puoi anche pensare, riflettere, basarti sulla tua esperienza… Quindi l’effetto della partigianeria è decisamente meno presente. Questa constatazione la faceva anche Berlinguer nella sua intervista “la questione morale” del 1981, quando diceva (ripeto a memoria ) «Il voto ai referendum non coinvolge rapporti clientelari. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Lo si è visto in occasione del voto sul divorzio nel 1974 ed in altre occasioni. ». Mi pare convincente e coerente con la realtà.
In Svizzera il pericolo è ancora più remoto che altrove: qui esiste l’espressione : “voto gregario”. I cittadini svizzeri sono di tutti i tipi (come ovunque nel mondo) ma è generalizzato ritenere non solo inopportuno, ma veramente incivile, il votare per simpatia o antipatia per chicchessia. Si vota sulla base dei contenuti. Votare come suggerisce il politico carismatico è visto (in genere e da molti) come una forma di inciviltà che appunto si chiama: “voto gregario”.
Per cui può capitare di sentire persone, anche molto impegnate, che dicono : « Questa volta non ho votato, … non ho avuto tempo di leggere il libretto , … il mio sarebbe stato solo un voto gregario ».
In sintesi...
Il pericolo che « una piccola quantità di elettori, magari pilotati da qualche politico carismatico, possa imporre le sue decisioni » esiste, è grave e la « piccola quantità di elettori » che si comportano in questo modo sono piuttosto i parlamentari, non tanto i cittadini.
Ma in Svizzera anche a quel livello dei rappresentanti le cose sono diverse. Nel mio consiglio comunale il consigliere che votasse sempre allineato alla maggioranza del suo gruppo dopo un po’ desterebbe qualche sospetto: « ... legge le delibere, prima di votarle? … ma come fa a non avere mai idee sue? »
Forse hai letto l’introduzione a questa rubrica, in cui parlavo del referendum sulla Brexit. La mia opinione è che una vittoria risicata su una questione di così ampia portata, avrebbe dovuto sollecitare un approfondimento ed una mediazione in Parlamento, piuttosto che indicare la strada da seguire nell’immediato. Che ne pensi? Come ci si comporta in Svizzera in situazioni analoghe?
Ho letto e sono molto d’accordo: le decisioni avrebbero bisogno di una maggioranza qualificata. Soprattutto le decisioni più importanti. E per ottenerla andrebbe svolta l’attività di mediazione.
Anche in Svizzera il problema resta aperto.
Ma esiste un piccolo vantaggio nel caso delle votazioni popolari a livello federale. Per essere approvate esigono la « doppia maggioranza » (così è chiamata): non basta la maggioranza dei cittadini, ma occorre anche che nella maggioranza dei cantoni si sia ottenuta la maggioranza.
Questo impedisce che pochi cantoni popolosi, possano decidere per tutti: occorre che la decisione sia approvata in modo diffuso sul territorio. Non è la stessa cosa di una maggioranza qualificata, ma induce alla ricerca preventiva di compromessi e mediazioni.
Il Prof. Roncaglia, nell’intervista a lui dedicata, ha sottolineato che la negoziazione rappresenta l’essenza della democrazia. Un altro argomento dei detrattori della Democrazia Diretta è che questa non consenta la negoziazione. Che ne pensi?
Ho letto quell’intervista e condivido molto il fatto che l’essenza della democrazia ed uno dei suoi principali pregi e vantaggi consiste nella negoziazione, la quale consente di individuare meglio il così detto “bene collettivo”.
Ma, contrariamente alla critica dei detrattori, uno dei pregi della democrazia diretta è proprio il fatto che induce alla negoziazione. Infatti, sapendo di non disporre del monopolio del potere legislativo, i decisori sono indotti non solo a mediare tra di loro per evitare che la minoranza promuova poi un referendum, ma la mediazione la estendono anche e soprattutto fuori dal Parlamento stesso e, prima di decidere, coinvolgono le organizzazioni dei cittadini che potrebbero lanciare una iniziativa o indire un referendum.
È risaputo che, prima di proporre una legge, il parlamento svizzero si consulta con associazioni di categoria, sindacati, gruppi di interesse... con tutte le associazioni che potrebbero organizzare la raccolta di firme per indire votazioni popolari.
Il contrario di quello che piace ed a cui mirano i sostenitori della cosiddetta “maggioranza sicura” e quindi del maggioritario: il partito-pigliatutto non ha nessun bisogno né interesse a perdere tempo in mediazioni.
Insomma il modello svizzero può essere una fonte d’ispirazione anche per la negoziazione e la capacità di arrivare ad una sintesi coinvolgendo le diverse forze politiche. Cosa sono i governi collegiali?
Effettivamente la Svizzera è, anche nella sua storia, il paese dell’unione nella diversità: in poco spazio convivono lingue, culture e religioni diverse... Si parlano tre lingue anche in Parlamento! È il paese della collegialità. I governi qui sono collegiali: i rappresentanti di tutti i partiti, o almeno dei maggiori partiti, fanno parte del governo. Inoltre i membri del governo non possono esprimersi a titolo personale e tanto meno a nome del loro partito, ma in pubblico devono esprimere l’opinione decisa collegialmente. Se e quando qualche rappresentante del governo non ci riesce e “trasgredisce la collegialità”, viene dimesso (è avvenuto anche a livello federale).
Gli esecutivi collegiali sono normalmente presenti grazie a regole precise, anche elettorali, che definiscono chi farà parte dell’esecutivo e come poi si dovrà comportare. Queste regole sono spesso diverse a seconda dei livelli : comunale, cantonale o federale. Le conseguenze dei governi collegiali sono importantissime ed influenzano non solo la struttura dei governi ed il processo decisionale, ma persino la mentalità e le abitudini sia dei rappresentanti che dei cittadini: siccome tutti i partiti sono al governo, scompare la nozione stessa di maggioranza ( che decide senza ascoltare) e opposizione ( che sbraita, sapendo di non contare niente). Si vota solo sui contenuti, evitando il “voto gregario”.
I governi collegiali rappresentano, con il federalismo e la democrazia diretta, una delle caratteristiche più importanti e determinanti di questo paese.
Pensi che questa forma di governo sia esportabile in Italia?
Nulla impedirebbe ad altri paesi di adottare questo sistema, con effetti benefici sul processo decisionale ed anche sulla cultura civile e democratica dei rappresentanti e dei cittadini.
La democrazia e l’uso costante dei suoi strumenti, di certo richiedono una certa cultura, ma quella cultura viene generata dall'esercizio della democrazia stessa. La democrazia è un po’ come la bicicletta: si impara ad usarla solo praticandola.
Ci sono state in Svizzera anche esperienze interessanti a livello di e-democracy?
In alcuni cantoni, come quello di Neuchâtel, nel quale vivo, esiste la possibilità di voto via rete in modo sperimentale, sebbene ormai da diversi anni. A Ginevra invece mi risulta abbiano rinunciato per motivi di sicurezza.
Votare o eleggere è comunque molto semplice : con circa tre settimane di anticipo si riceve, a casa, per posta, il materiale di voto. Nel caso di votazioni ( referendum o iniziative) con il materiale si riceve anche il « libretto delle votazioni », strumento di informazione indispensabile. Si studia la materia e, nell’arco di diverse settimane, poi si vota.
Per farlo non si è costretti ad andare al seggio, ci sono diverse altre possibilità. Si può ri-spedire la busta per posta con il proprio voto entro il mercoledì precedente alla domenica della data della votazione o della elezione. Oppure si porta la busta all'ufficio comunale più vicino e la si infila nella buca della posta.
Se proprio si è in ritardo, la domenica mattina fino a mezzogiorno del giorno delle votazioni o elezioni si può andare in comune e si vota nel modo che in Italia sarebbe considerato normale. Ma sono pochissimi a farlo.
Per permettere le votazioni non vengono chiuse le scuole e il costo per elettore, lo trovo sorprendente, è otto volte inferiore a quello in Italia.
Vista la flessibilità dei modi e le settimane di tempo disponibile, il voto elettronico, dove esiste, perde di rilevanza. Confesso di non averlo mai utilizzato, dato che vivo proprio vicino al Comune.
Ci sarà pure in Svizzera anche qualcosa che non funziona…
Certo, e nel mio libriccino “La democrazia diretta vista da vicino” uno dei capitoli finali è dedicato proprio alle critiche.
Ad esempio manca in Svizzera di una Corte costituzionale, che possa valutare in modo imparziale la ricevibilità di proposte di iniziativa popolare.
Manca anche la trasparenza dei finanziamenti sia dei partiti che delle iniziative (in California invece queste sono pubbliche e descritte nel libretto delle votazioni).
Inoltre in Svizzera si potrebbero e si dovrebbero potenziare gli strumenti di democrazia partecipativa, quali assemblee cittadine, bilanci partecipativi... Ed in genere forme e strumenti di informazione e comunicazione tra rappresentanti e cittadini. Ho avuto occasione, nel consiglio comunale al quale partecipo, di proporre l’introduzione di questi strumenti partecipativi a livello comunale. La mia mozione già anni fa venne approvata a larghissima maggioranza, ma l’esecutivo… non esegue! E questo mi pare un altro difetto. Sebbene forse meno che altrove, anche in Svizzera gli esecutivi fanno un po’ quello che pare a loro.
Se anche gli svizzeri inciampano, forse abbiamo qualche speranza di provare a competere...
Certamente! In Italia, dove già siamo al secondo posto a livello europeo nell’uso di strumenti di democrazia diretta, potremmo anche correggere i difetti presenti in Svizzera (già abbiamo una Corte Costituzionale! ) ed poi potremmo andare anche più avanti.
Grazie mille per la disponibilità!
Abbiamo dedicato a Leonello Zaquini anche un’altra breve intervista, sull’utilizzo di modelli statistici ed empirico-matematici per l’analisi di problemi complessi (ambito in cui lavora); potrebbero essere applicabili anche in ambito democratico? Pubblicheremo la risposta la prossima settimana.
-----------------------------------------------------------------
* CC-BY : articolo rilasciato con licenza Creative Commons con obbligo di attribuzione all’autore: è possibile ripubblicare questo articolo indicando l’autore e riportando il link alla fonte originaria.